Le malattie somatiche
sono quelle che manifestano i nostri meccanismi difensivi più arcaici,
attraverso l’espressione diretta del disagio psichico nel corpo. Le capacità difensive
tendono a tener lontani quei contenuti psichici per noi inaccettabili e imprevedibili, anche a
costo di nuocere il proprio corpo. Le emozioni sono troppo
dolorose per poter esser vissute e sentite, e pur essendo presenti, non vengono
percepite e verbalizzate.
Il disturbo somatoforme
è per definizione una sindrome caratterizzata dalla presenza di sintomi fisici
che suggeriscono l’esistenza di un disturbo organico ma che, in realtà, non
sono giustificati né da una condizione medica generale, né dagli effetti diretti
di una sostanza, e né da un altro disturbo mentale. Affinchè si possa parlare
di disturbo di somatizzazione, deve essere presente una storia di molteplici
lamentele fisiche cominciate prima dei 30 anni, che portano ad una continua ed
estenuante ricerca di trattamento, ad un punto tale da poter causare
significative menomazioni del funzionamento sociale, lavorativo, o in altre
importanti aree della vita della persona. I sintomi non sono prodotti in maniera
intenzionale né sono simulati; i sintomi somatoformi storicamente riconosciuti sono quelli da conversione, da dolore
psicogeno, e da somatizzazioni.
L’attenzione è riposta principalmente sui segnali provenienti dal proprio corpo,
interpretandoli come sintomi di una patologia organica, nonostante le numerose
visite attestino il contrario. In realtà, alla base vi è una difficoltà nel
processare coscientemente le informazioni viscerali dell’attivazione
emozionale. In chiave psicosomatica, i sintomi cutanei sono rappresentazioni simboliche
di situazioni che non possono essere espresse adeguatamente dall’ Io: le emozioni sono vietate. In ambito neuro
biologico MacLean, già nel 1949, formulò l’ipotesi che nei pazienti
psicosomatici le emozioni non riuscissero a giungere dai centri nervosi
inferiori alla corteccia, impedendone, in tal modo, la verbalizzazione (Solano,
2001). Nell’impossibilità di pronunciare le emozioni, le parole rimangono, secondo l’espressione di N. Abraham e M. Torok
(1978), "sotterrate vive".
Diversi studi, alla fine degli anni ottanta, hanno dimostrato un’associazione tra disturbi somatoformi e storie di traumi infantili.
A causa di ciò, sotto la pressione di altri eventi, si può produrre una frammentazione della personalità, ossia l’ultima risposta possibile per difendersi dalla sofferenza. Tra le operazioni difensive che la mente umana può mettere in atto per contrastare il dolore, la dissociazione è certamente uno dei meccanismi più arcaici e immediatamente disponibili cui l’essere umano può ricorrere, sin dalle prime fasi dello sviluppo per preservarsi dalla minaccia di disgregazione psichica. La dissociazione è il risultato di un’istintiva risposta di sopravvivenza, ed è una delle possibili risposte, e, in generale, viene espressa come mancanza di integrazione tra le esperienze corporee, emotive e cognitive, e le rappresentazioni del Sé.
Diversi studi, alla fine degli anni ottanta, hanno dimostrato un’associazione tra disturbi somatoformi e storie di traumi infantili.
A causa di ciò, sotto la pressione di altri eventi, si può produrre una frammentazione della personalità, ossia l’ultima risposta possibile per difendersi dalla sofferenza. Tra le operazioni difensive che la mente umana può mettere in atto per contrastare il dolore, la dissociazione è certamente uno dei meccanismi più arcaici e immediatamente disponibili cui l’essere umano può ricorrere, sin dalle prime fasi dello sviluppo per preservarsi dalla minaccia di disgregazione psichica. La dissociazione è il risultato di un’istintiva risposta di sopravvivenza, ed è una delle possibili risposte, e, in generale, viene espressa come mancanza di integrazione tra le esperienze corporee, emotive e cognitive, e le rappresentazioni del Sé.
Dr.ssa Stefania Alfano
Psicologa-Psicoterapeuta
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