La psicosomatica nasce dalla
consapevolezza che la mente e il corpo sono strettamente collegati l'una
all'altro, e che il mondo emozionale e affettivo influenzi quello fisico.
Quando si affronta il problema delle componenti
psicologiche di un disturbo psicosomatico, ci si pone in una prospettiva che
mira ad ampliare le capacità di comprensione del disturbo, allargandone
la gamma dei significati. Il disturbo somatico non è soltanto l’indice
dell’anomalo funzionamento di un organo, aspetto che non va mai dimenticato e
sottovalutato, ma diventa anche espressione di influenze psicologiche ed
emozionali che rimandano “al di là” dell’organo malato, diventa, soprattutto, manifestazione o “simbolo” di qualcosa che non è riducibile all’apparato che
non funziona ma che deve essere esplorato e compreso.
Il corpo è la prima manifestazione del Sé; è la
prima realtà soggettiva del Sé, affettivo-senso-motoria. Il Sé si costruisce
attraverso la relazione di attaccamento, ma quando questi legami di
attaccamento non compiono la loro funzione organizzatrice e regolatrice, il
bambino si sente smarrito, vive delle
angosce destrutturanti e sregolatrici, e senza nessuna possibilità di
sperimentare conforto, compromettendo, in tal modo, l’organizzazione del Sè.
Queste identificazioni primarie modellano l’architettura corporea del Sé, esse
continuano ad abitare il corpo proprio dell’adulto e a modellare i suoi
comportamenti durante tutta la vita.
Questo Sé, dunque, nasce e si sviluppa all’interno
di un sistema familiare.
Il contributo più importante dato dalle teorie
sistemiche alla psicosomatica è venuto da Salvador Minuchin, un pediatra e
psichiatra argentino che ha lavorato negli Stati Uniti e in Israele diventando
il maggior esponente dell’indirizzo strutturale della terapia familiare.
Minuchin, attraverso i suoi studi, sviluppò un proprio modello di
interpretazione dei disturbi psicosomatici basato sull’analisi della struttura
familiare (Minuchin, Rosman e Baker,
1978). Secondo questo modello, fattori stressanti possono favorire l’insorgenza
di tale disturbo e una volta che esso è comparso, tende a essere mantenuto all’interno
di una organizzazione familiare disfunzionale.
L’aspetto interessante di questo modello è che esso
non trascura le componenti mediche e biologiche della malattia, ma le integra
in una visione più complessa nella quale assume un’importanza centrale la
relazione della persona con disturbo psicosomatico e con l'intero sistema familiare. Per Minuchin, non è tanto il sintomo o la malattia
ad essere specifici, ma il modo in cui è organizzata la famiglia.
Minuchin individuò delle caratteristiche strutturali
tipiche delle famiglie psicosomatiche. Ha notato che: i componenti della famiglia hanno la tendenza
ad interessarsi eccessivamente, sono troppo coinvolti,
intrusivi ed invadenti, capita spesso, ad esempio, che uno parli al posto dell’altro (invischiamento); inoltre, in queste famiglie, ogni segnale di malessere o di malattia,
genera un alto grado di tensione che spinge la famiglia ad assumere un
atteggiamento di eccessiva protezione verso la persona sintomatica, impedendone l’autonomia, l'individualità, e lo sviluppo di interessi esterni al gruppo (iperprotettività); il nucleo familiare è fortemente
resistente ad ogni forma di cambiamento, può accadere che non appena un membro cerca di rompere
questo equilibrio precario, la famiglia diventa
molto vulnerabile e cerca di ripristinare quell'equilibrio anche se precario e non funzionale (rigidità);
tutto questo rende le famiglie poco tolleranti alle frustrazioni, i componenti della famiglia non tollerano nessuna forma di disaccordo, e i problemi vengono continuamente soffocati
al loro nascere o negati (incapacità di
risoluzione dei conflitti).
In tali disturbi, generalizzando, potremmo dire che quando il dolore non trova
sfogo nelle lacrime, altri organi lo piangono (Mauddsley). Le malattie somatiche sono quelle che più
strettamente realizzano uno dei meccanismi difensivi più arcaici con cui si
attua una espressione diretta del disagio psichico, vale a dire attraverso il corpo. In queste malattie la sofferenza, le emozioni troppo
dolorose per poter essere vissute, sentite e sperimentate, trovano una via di scarico immediata
nel corpo. La difficoltà a far venire alla luce le emozioni,
qualsiasi esse siano, è così invalidante che il corpo diventa il solo mezzo per
poter mostrare, a se stessi e agli altri, la propria sofferenza.
Dott.ssa Stefania Alfano
Psicologa-Psicoterapeuta
Dott.ssa Anna Verbicaro
Psicologa-Psicoterapeuta
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