mercoledì 26 agosto 2015

La mediazione nei luoghi di lavoro

All’interno delle équipe di lavoro, le tensioni latenti o i contrasti aperti, spesso, non soltanto incidono negativamente sulla produttività dell’ente, ma giungono a condizionare pesantemente la serenità delle persone coinvolte, anche di coloro che non sono gli attori principali della vicenda conflittuale. La sfera lavorativa, costituisce una quota importante della vita quotidiana, e l’atmosfera che vi regna, può essere un elemento capace di influenzare aspetti diversi dell’esistenza di ciascuno: dallo stato d’animo con il quale ogni giorno “ci si presenta al lavoro”, al rapporto con se stessi e con gli altri, inclusi familiari e coniugi. 

Una comunicazione strategica, è caratterizzata dal suo essere sempre orientata in direzione di un obiettivo da raggiungere. Il “persuasore” si propone di guidare l’altro ad assumere una particolare posizione, che lo porterà a modificare la propria percezione rispetto a una data realtà. Per farlo, egli si preoccupa di strutturare la forma della propria comunicazione, in modo tale da facilitare questo processo, piuttosto che andare alla ricerca di una condivisione di contenuti. 
Nelle strutture organizzate, come l’ambiente di lavoro, esistono dei sistemi di regole più o meno formali, che permettono alle persone che condividono ogni giorno quel luogo di lavoro, di agire secondo un obiettivo comune. Quando qualcuno infrange una o più di queste regole, aumenta la probabilità che nascano dei conflitti all’interno dell’ambiente lavorativo, ovvero il disequilibrio delle relazioni fra colleghi o fra colleghi e superiori e così via.  Sono molti i fattori che determinano il sorgere dei conflitti. Dalle caratteristiche dei gruppi, alle regole di interazione, passando per le differenze interpersonali, il modo in cui trattiamo gli altri e la percezione della situazione. 

Per quanto riguarda le caratteristiche dei gruppi, la situazione tipica è il formarsi dei cosiddetti “gruppetti”, che tendono inevitabilmente a dividere le persone, e spesso a far nascere dicerie e voci di corridoio, con conseguenze facilmente immaginabili. Le regole di interazione, sono molto importanti perché la loro infrazione determina quasi sempre lo scontro fra parti diverse e, in particolar modo, verso chi ha infranto quelle regole. 

Lo stessa rilevanza viene assunta dalle differenze interpersonali. Le persone sono diverse e non necessariamente ognuno ha il dovere di andare d’accordo con tutti. L’importante è riuscire a gestire le differenze. I conflitti si generano quando le persone non sono in grado di gestire diversità di pensiero, di genere, d’età o quando qualcuno ha il bisogno di prevalere sugli altri, qualsiasi siano le conseguenze di un tale atteggiamento. I pregiudizi o i forti stereotipi sulle persone, portano al formarsi di idee preconcette che compromettono le relazioni fra i collaboratori, e la nostra interpretazione degli eventi, influisce sui nostri comportamenti, e sul modo in cui ci rapportiamo agli altri. 

In una prospettiva di risoluzione dei conflitti, è necessario ricordare che è bene prima di tutto operare un' attenta analisi del conflitto, in secondo luogo, conviene analizzare i costi e i benefici della eventuale risoluzione, e, in ultimo, chiedersi se è più facile chiedere una modifica del comportamento altrui o adattare il nostro alla situazione. 


Una metodologia molto utile è la simulazione. Cioè si produce o si riproduce una situazione che potrebbe accadere. Non meno importante è il Role-play, all'interno di una simulazione che rappresenta un conflitto sociale. Tra le indicazioni principali per il Role-play, è bene ricordare, innanzitutto, che non c'è ruolo “giusto” o “sbagliato” e non ci sono ruoli/atteggiamenti “ridicoli”. Lo strumento ha un valore in sé (non è però il fine dell'esercizio). Ogni ruolo è importante ed è importante per gli spettatori/osservatori annotarsi ed osservare la strategia del protagonista così come “calarsi” nella parte cercando di vivere il ruolo in prima persona ed evitando di interpretare stereotipi (es. il dirigente becero, il funzionario tuttofare, il dipendente giornalaio). Dopo aver rappresentato la scena, si avvia una discussione, che analizzi il tipo di conflitto, la modalità di risposta data, e la modalità di risposta che si potrebbe dare. Infine, si passa alla valutazione finale, partendo da qualsiasi spunto ognuno esprime, il proprio stato d’animo, le proprie riflessioni, i suggerimenti e le valutazioni.

E’ bene quindi che, se c'è un conflitto nel gruppo, che emerga. La gestione di un conflitto presuppone il coinvolgimento delle persone in conflitto. Il conflitto, nasce dalla tendenza di due o più soggetti in relazione tra loro a soddisfare i propri bisogni partendo da una posizione di totale soggettività. La posizione soggettiva, vuol dire che la persona è perfettamente in contatto con se stessa, ed è in contatto con gli altri e con l'ambiente. Si hanno, dunque, tre livelli di  percezione conflittuale: percezione di sé, percezione di sé in rapporto con gli altri, e  percezione di sé in rapporto con gli altri nell'ambiente. 

La teoria dei bisogni di Maslow, dice che la deprivazione di uno specifico bisogno impedisce alle persone di poter evolvere verso il processo di autorealizzazione. Il  mantenersi in contatto con i propri bisogni, è quindi un elemento fondamentale di crescita personale e  di miglioramento della relazione fra sé e gli altri.


Dott.ssa Giuseppina D'Auria
Pedagogista

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