venerdì 2 ottobre 2015

I SETTE ELEMENTI DEL MOBBING


Il termine mobbing deriva dal verbo inglese “to mob”, che significa “assalire, molestare”, ed indica un comportamento violento ed aggressivo assunto da un soggetto o da un gruppo di soggetti nei confronti di altri.
Sebbene tale termine si applichi in contesti diversi, quali in quello familiare o scolastico, esso viene utilizzato dagli operatori giuridici nei soli rapporti di lavoro.
Nel nostro ordinamento non abbiamo una definizione legislativa del mobbing, ed a tale mancanza ha cercato di sopperire la giurisprudenza, offrendone un concetto alquanto indeterminato. Per mobbing deve intendersi quell’insieme di condotte di forte pressione psicologica ed, in alcuni casi, anche fisica, che datori di lavoro e colleghi possono porre in essere nei confronti di un singolo soggetto (cfr. C.d.S., sez. IV, 19.03.2013, n. 1609). Tali condotte si concretano in una serie di comportamenti a carattere persecutorio, siano essi illeciti o leciti se presi singolarmente,  posti in essere in modo sistematico e prolungato contro l’aggredito, nei confronti del quale tali condotte cagionano umiliazione ed angoscia. E’ necessario inoltre fornire la non facile prova del nesso eziologico tra la condotta vessatoria e l’evento lesivo, e la dimostrazione dell’elemento soggettivo (ex multis: Cass., sez lav. 11.06.2013, n.14643).

Attraverso tali condotte il mobber cerca di far lasciare il posto di lavoro alla vittima, e senz’altro a danneggiare la salute e la personalità del dipendente. Inoltre, la pressione psicologia non può non avere ripercussioni sul rendimento del dipendente, mettendone in discussione la sua professionalità.
Ultimamente, la giurisprudenza di legittimità, nell’intento di rendere chiara ed agevolmente riconoscibile la fattispecie, ha riconosciuto dei punti chiave, fissati da autorevole CTU, i quali se presenti contestualmente individuano il fenomeno del mobbing  (vedi: Cass. Civ., 15.05.2015, n. 10037). 
Tali elementi sono: 
l'ambiente, le aggressioni devono avvenire sul luogo del lavoro
la durata, non viene fissato un limite temporale, prevedendo solo che i comportamenti vessatori vengano posti in essere in maniera prolungata nel tempo
la frequenza, le azioni non devono essere isolate, ma sistematiche
il tipo di azioni ostili, quali, ad esempio, attacchi alla possibilità di comunicare, isolamento sistematico, cambiamenti delle mansioni lavorative, attacchi alla reputazione, violenze o minacce
il dislivello tra gli antagonisti, nel rapporto tra il mobber e la vittima, questa assume una posizione di inferiorità manifesta
l'andamento secondo fasi successive, il rapporto si sviluppa secondo fasi successive, attraverso le quali si giunge al momento conclusivo del pregiudizio dell’integrità psico-fisica dell’aggredito e dell’esclusione dal mondo del lavoro
l'intento persecutorio, il mobber attraverso la serie ripetuta di comportamenti aggressivi e violenti, svela l’intento unitario di sottoporre a continue molestie il dipendente.
Questi profili vanno accertati caso per caso al fine di verificare la sussistenza del mobbing, dal momento che esso può non configurarsi in alcune ipotesi, quali ad esempio, nelle ipotesi di attribuzioni di mansioni diverse al lavoratore quando queste non siano dequalificanti.

Dr.ssa Tiziana Alfano
Laurea in Giurisprudenza


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