giovedì 14 aprile 2016

La persona obesa e il suo rapporto con il cibo.


L’alimentazione non è semplicemente il momento di un bisogno fisiologico, ma è un’attività alla quale l’individuo attribuisce molteplici significati. Vari studi hanno ampiamente dimostrato e confermato, che l’alimentazione rappresenta un momento fondamentale nel processo di sviluppo dell’individuo, in cui si intrecciamo sia elementi emotivi che cognitivi. 
L’obesità è una malattia cronica a diffusione mondiale, e la sua interazione con altre patologie, anch'esse croniche, ne rende la gestione particolarmente complessa.  
La persona obesa ha, in genere, un’immagine corporea di sè negativa; questo la rende più facilmente ansiosa ed imbarazzata, in diverse situazioni sociali, credendo che il suo aspetto riveli la sua inadeguatezza personale, e di persona senza forza di volontà. Molto spesso, focalizzano la loro attenzione sulla dimensione del loro corpo, immaginando che un corpo con qualche chilo in meno, possa rendere la loro vita pienamente soddisfacente e possa essere, soprattutto, la risoluzione di tutti i loro problemi.
Diversi studi, ritengono che l’obesità abbia origine nell’infanzia, in particolare nelle esperienze di nutrizione dei primi anni di vita. Quando la risposta che la madre fornisce a fronte di qualunque malessere del bambino, è il cibo, questi crescerà senza essere in grado di distinguere i differenti disagi che prova e imparando, in tal modo, a dare a tutto un’unica risposta: mangiare. 

Si ha difficoltà a riconoscere i bisogni del proprio corpo, e qualunque stato di malessere lo colpisca, si affronta in maniera caotica e confusa, proprio perché non è in grado di distinguere il malessere fisico da quello psicologico. La persona è incapace di riconoscere e descrivere le proprie emozioni (e anche quelle degli altri), in questo senso, è presente una evidente difficoltà nella  competenza emotiva. Il cibo diventa per l’obeso adulto, il modo di rispondere ad ogni emozione e sensazione sia positiva che negativa. Il cibo viene usato come compensazione di disagi psicologici.

Dal punto di vista psicologico oltre all’alessitimia (incapacità di riconoscere e descrivere le proprie emozioni), sono presenti difficoltà a livello comportamentale e relazionale (scarsa capacità di coping, passività nelle relazioni, evitamento di situazioni sociali difficili da gestire), e a livello cognitivo (tendenza al perfezionismo, bassa autostima, basso livello di autoefficacia, pensiero dicotomico, locus of control esterno, cioè attenzione centrato verso gli stimoli provenienti dall’esterno).

Nel momento in cui la persona obesa decida di iniziare un percorso integrato di consulenza con più specialisti della salute, è importante, un percorso che metta al centro la relazione che la persona ha con se stesso, con gli altri e con il mondo, cercando di recuperare le risorse interne e nel suo ambiente, per far ritrovare interesse e motivazione. 
Altro obiettivo, al pari del suo dimagrimento, è quello di sostenere e guidare la persona obesa a prendere contatto con le sue emozioni e ad imparare a distinguerle e a viverle come tali. In particolare, fornirgli gli strumenti necessari per gestire lo stress, la noia e l’ansia in una maniera efficace e costruttiva, per all’allontanarsi dall’idea del cibo esclusivamente come atto di compensazione.
E infine, è altrettanto importante prestare attenzione a tutti gli aspetti deficitari dell’immagine di sé e dell’autostima che lo caratterizzano, per permettergli, poi, di costruire un nuovo senso di autoefficacia che alimenti aspettative positive per il suo futuro.

Dr.ssa Stefania Alfano
Psicologa-Psicoterapeuta

Nessun commento:

Posta un commento