martedì 31 maggio 2016

RISARCIMENTO DEL DANNO DA VACANZA ROVINATA.


L’estate sta arrivando e si pensa già ad organizzare le meritate vacanze. Possono però capitare degli inconvenienti che trasformano il viaggio in un incubo. Vediamo insieme come il nostro ordinamento disciplina la materia e quando si configura il danno.
L'art. 47 del Codice del Turismo (d.lgs. 79/2011) definisce il "danno da vacanza rovinata" come "un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta", a patto che l'inadempimento sia "di non scarsa importanza".
L’articolo fa riferimento alla concezione di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.,  nella sua accezione di danno biologico, morale ed esistenziale, in quanto ciò che viene risarcito è l’occasione perduta, è lo stress patito, il turbamento a seguito del danno causato.
Il danno patrimoniale, invece, consiste nella perdita economica subìta, come, ad esempio, la mancata partenza o ritardo dell’aereo che mi ha costretto a cambiare biglietto o soggiornare una notte in hotel; lo smarrimento dei bagagli, che hanno un valore economico e vanno risarciti; servizi alberghieri diversi da quelli previsti dal contratto.

La risarcibilità del danno da vacanza rovinata è, dunque, espressamente prevista dalla legge, con il d.lgs. 79/2011, mentre precedentemente trovava applicazione il mero art. 2059 c.c., il quale, riconoscendo la risarcibilità ai soli casi previsti dalla legge, quello da vacanza rovinata era ancorato all’art. 32 Cost. In definitiva, prima del 2011, era riconosciuta la risarcibilità di tale danno solo qualora questo avesse influito sul diritto di salute.




Di seguito, alcune recenti sentenze.
Trib. Milano Sez. XI, 25-02-2016
La risarcibilità del danno da vacanza rovinata è strettamente connesso, secondo il disposto di cui all'art. 47 del Decreto Legislativo del 23 maggio 2011, n. 79, all'inadempimento ovvero all'inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico sottoscritto e sempre che vi sia non scarsa importanza secondo la nozione di cui all'art. 1455 del Codice Civile. Ne consegue che alla richiesta di risoluzione del contratto potrà essere affiancata quella di risarcimento del danno connesso alla durata della vacanza, al tempo inutilmente trascorso e, in particolare, all'irripetibilità dell'occasione perduta.

Trib. Potenza, 26-01-2016
I danni non patrimoniali risarcibili non sono suddivisibili in sottocategorie (danno esistenziale,  danno alla vita di relazione,  danno da vacanza rovinata,  danno parentale) essendo, il danno non patrimoniale, unico, ai sensi dell'art. 2059 c.c. ed essendo risarcibile ove ricorrano determinate condizioni: la previsione di legge o la natura di diritto inviolabile della persona della posizione giuridica lesa. Alla luce di tali principi si rileva, quindi, che non può essere risarcito in sé il c.d.  danno esistenziale perché occorre rifuggire da sottocategorie di danni il cui rischio evidente è quello di determinare la proliferazione delle fattispecie risarcitorie e l'ingiustificata locupletazione in conseguenza di fatti non generatori di pregiudizi ma solo di tollerabili fastidi.

Cass. civ. Sez. III, 14-07-2015, n. 14662
Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata richiede la verifica della gravità della lesione e della serietà del pregiudizio patito dall'istante, al fine di accertarne la compatibilità col principio di tolleranza delle lesioni minime (precipitato, a propria volta, del dovere di solidarietà sociale previsto dall'art. 2 Cost.), e si traduce in un'operazione di bilanciamento demandata al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale, dalla constatazione della violazione della norma di legge che contempla il diritto oggetto di lesione, attribuisce rilievo solo a quelle condotte che offendono in modo sensibile la portata effettiva dello stesso. (Rigetta, Trib. Lamezia Terme, 15/11/2011)

Trib. Salerno Sez. II, 26-11-2014
In tema di risarcimento dei danni, il danno non patrimoniale "da vacanza rovinata", quale pregiudizio conseguente alla lesione dell'interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato, come occasione di piacere e di riposo, è risarcibile, sebbene non vengano in rilievo lesioni dell'integrità psicofisica tutelate dall'art. 32 Cost. o diritti inviolabili della persona di rilevanza costituzionale, in quanto la risarcibilità di tale danno è espressamente prevista dalla legge, in particolare dal D.Lgs. n. 206/2005, cd. "Codice di consumo", oggi refluito, per la parte relativa ai servizi turistici, nel D.Lgs. n. 79/2011, il c.d. "Codice del Turismo".

Avv. Tiziana Alfano

giovedì 19 maggio 2016

È GIUSTO (E SOPRATTUTTO LEGALE) PUBBLICARE LE FOTO DEI VOSTRI FIGLI SU FACEBOOK?



Che sia una questione di giustezza (e di opportunità), questo lo lasciamo alla valutazione del genitore. Sicuramente c’è da considerare che le foto di minori condivise con una platea indefinita (e spesso sconosciuta) di persone possono essere “ri-condivise” da altri.
Con l’utilizzo sempre più frequente dei social media, è bene iniziare a valutare anche i rischi legali connessi a tale pratica. In Francia è stata introdotta una nuova normativa che innalzata la tutela della privacy dei minori, e conseguentemente condanna il genitore che pubblica foto del proprio figlio con una sanzione che va dalla multa al provvedimento penale.
Questo ha portato un po’ di scompiglio nei piani alti dell’azienda Facebook, che, per tutelarsi, ha inserito un pop-up che, al momento antecedente alla pubblicazione della foto di minori, avvisa dei possibili rischi legali nei quali si può incorrere.
In Italia non è prevista una normativa “ad hoc”. È possibile, però, esaminare quali siano le normative in vigore applicabili alla pubblicazione di foto dei propri figli.

La legge n. 633 del 1941, recante le disposizioni sulla protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, all’art. 96 introduce un divieto generale per l’esposizione, la riproduzione o il commercio del “ritratto” della persona senza il consenso della stessa.
Per il minore, però, vige la più conosciuta patria potestà (ora responsabilità genitoriale) per cui il genitore esercitando l’insieme dei diritti e dei doveri del figlio, tra i quali diritti rientrerebbe anche il diritto all’immagine di cui all’art. 10 c.c. (che disciplina la diversa ipotesi di abuso dell’immagine del figlio commesso da altri, e non dai genitori stessi), presta “in nome e per conto” del figlio il consenso alla pubblicazione della sua immagine.

Dunque, dal punto di vista legale è possibile pubblicare le foto dei propri figli minorenni (e fino a che restino tali). Quando diventerà maggiorenne, il genitore potrebbe essere oggetto di un’azione legale da parte del figlio, che finalmente potrà decidere cosa della sua vita debba restare privata. E sempre che nel frattempo non arrivi, come per la Francia, l’intervento del legislatore, che a questo punto sembrerebbe auspicabile.

Avv. Tiziana Alfano