martedì 17 novembre 2015

IL MOBBING



“Il Mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova nell'impossibilità di reagire adeguatamente a tali attacchi e a lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e dell'umore che possono portare anche a invalidità psicofisica permanente” (H. Ege, La valutazione peritale del Danno da Mobbing, Giuffré Milano 2002).

Il termine mobbing identifica un insieme di comportamenti violenti, sia di natura fisica che verbale, messi in atto da persona e/o un gruppo di persone, verso altri soggetti.
La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si sente emarginata, calunniata, criticata: gli vengono affidati compiti dequalificanti, o viene spostata da un ufficio all'altro, o viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Lo scopo di tali comportamenti può essere vario, ma sempre distruttivo: eliminare una persona divenuta in qualche modo “scomoda”, inducendola alle dimissioni volontarie o provocandone il licenziamento. 

Il termine venne coniato agli inizi degli anni settanta del XX secolo dall'etologo Konrad Lorenz, per descrivere un particolare comportamento aggressivo tra individui della stessa specie, con l'obbiettivo di escludere un membro del gruppo. Negli anni ’80 lo psicologo svedese Heinz Leymann, definì il mobbing: “un terrore psicologico che consiste in una comunicazione ostile e contraria ai principi etici, perpetrata in modo sistematico da una o più persone principalmente contro un singolo individuo che viene per questo spinto in una posizione di impotenza e impossibilità di difesa, e qui costretto a restare da continue attività ostili”. In Italia, si inizia a parlare di mobbing  intorno gli anni '90, lo psicologo del lavoro Haraid Ege descrive il fenomeno attraverso un modello a 6 fasi e definendo il mobbing come "una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte dei colleghi o superiori" attuati in modo ripetitivo e protratti nel tempo per un periodo di almeno sei mesi. Perché sussista il mobbing, non è sufficiente un singolo atto, ma è necessaria una pluralità di situazioni.

Subire violenza interpersonale ha un forte potenziale traumatico, che ampliando le preesistenti fragilità della vittima del mobbing, mina il suo assetto cognitivo-emotivo. I lavoratori vittime di mobbing mostrano alterazioni dell’equilibrio socio-emotivo (ansia, depressione, ossessioni, attacchi di panico, anestesia emozionale), alterazioni dell’equilibrio psicofisiologico (cefalea, vertigini, disturbi gastrointestinali, disturbi del sonno e della sessualità) disturbi a livello comportamentale (modificazioni del comportamento alimentare, reazioni autoaggressive ed eteroaggressive, passività), problemi cardiaci ( infarto miocardico, battito cardiaco accelerato), problemi al sistema immunitario (calo delle difese immunitarie), problemi dermatologici (dermatiti  psoriasi disturbi cutanei).
Le conseguenze del mobbing producono difficoltà di adattamento del soggetto alla situazione lavorativa, e una drastica riduzione dell’autostima, e la sensazione di incapacità nel gestire la realtà quotidiana. La vita della vittima di mobbing, nei casi più gravi, si trova così ad essere compromessa, con separazioni, divorzi e un progressivo ritiro anche dalla sfera sociale.
L’impatto di questo tipo di trauma sconvolge il proprio senso dell’identità. Si sviluppa un senso d’identità basato su percezioni di sé come impotente, colpevole, non amabile e non capace; si percepisce gli altri come pericolosi, inaffidabili, imprevedibili e, in generale si percepisce il mondo come ingiusto, caotico, ingestibile. Le aree del senso d’identità destabilizzate dall’evento, riguardano il sentirsi al sicuro, la fiducia in se stessi e negli altri, il sentirsi capaci di far fronte alle situazioni, la stima di sé, e l’intimità. 

“Qualsiasi interruzione del proprio senso di continuità e unicità connesso alla percezione di sé si accompagna invariabilmente alla perdita del senso della realtà e rappresenta l’esperienza emotiva più disgregante e devastante che un essere umano possa provare nel corso della vita”, come sottolinea Vittorio Guidano in "La complessità del Sé".

Per contrastare questo fenomeno in continua crescita, in Italia come in Europa, occorre una prevenzione a più livelli e un costante monitoraggio, in modo da prendere in tempo situazioni che potrebbero danneggiare la persona e anche l’azienda. Per affrontare il mobbing è necessario rivolgersi a professionisti in grado di gestire in modo multidisciplinare tutti gli aspetti legati a tale fenomeno: psicologici, medici, legali.

Dr.ssa Stefania Alfano
Psicologa Psicoterapeuta

Nessun commento:

Posta un commento