giovedì 19 novembre 2015

QUESTIONI DI BIOETICA: IL CONSENSO INFORMATO E LO STATO VEGETATIVO C.D. PERSISTENTE

Negli ultimi anni, anche a seguito di drammatiche vicende di cronaca, come il caso Welby o il più recente caso Nuvoli, si è posto sempre in maniera più frequente il problema delle questioni di fine vita ed in particolare della possibilità di sospendere la nutrizione ed idratazione artificiali nei soggetti in stato di irreversibile perdita di coscienza.
La questione si pone affrontando un duplice quesito:
1) se la nutrizione ed idratazione artificiale debba considerarsi terapia o sostentamento vitale;
2) nella possibilità di introdurre nel nostro sistema il c.d. testamento biologico, in termini giuridici dichiarazione anticipata di trattamento, attraverso il quale il paziente esprime in un momento di lucidità mentale il suo consenso informato in maniera anticipata rispetto all’insorgere di una probabile malattia, negando o prestando il proprio consenso al trattamento sanitario.

Entrambi i quesiti pongono il loro fondamento sulla validità del c.d. consenso informato. Questo non è altro che una manifestazione di volontà del paziente, sorretta da una esaustiva informazione circa il trattamento terapeutico da farsi somministrare, attraverso la quale il soggetto sceglie di sottoporsi o di sottrarsi al trattamento consigliato. In mancanza dell’acquisizione del consenso, l’attività del medico risulta illegittima; così come un consenso presente ma invalido  porta alla illegittimità dell’attività del medico.
Tra i requisiti di validità del consenso informato, quello che interessa alle questioni di fine vita è quello del carattere ATTUALE E PERSISTENTE, in base al quale il consenso deve presiedere tutte le fasi del trattamento sanitario. Esso deve infatti essere prestato prima della sottoposizione al trattamento, ma deve tuttavia permanere per tutta la sua durata: si tratta infatti di un atto revocabile in ogni momento dal paziente.
Se, dunque, sorgono dei dubbi sull’applicazione di tale istituto nel caso di testamento biologico, ove per definizione la manifestazione di volontà viene anticipata all’insorgere di una probabile malattia degenerativa, nulla quaestio nel caso in cui un paziente in condizioni di lucidità mentale e una volta acquisite tutte le informazioni  del caso, scelga di non sottoporsi ad un trattamento sanitario. Il problema però sorge, anche in questo secondo caso, quando il paziente venga sottoposto  alla nutrizione o l’idratazione artificiale perché in tal caso si incontrano delle difficoltà nell’inquadrare giuridicamente tale attività.
Analizzando il caso appena esposto, nell’ipotesi in cui la nutrizione artificiale venisse considerata come terapia, la sospensione dell’alimentazione e della idratazione (detta anche accanimento terapeutico), troverebbe la tutela giuridica nell’art. 32 Cost., oltre che nel Codice di deontologia medica, dopo aver accertato in concreto la volontà espressa. Viceversa, qualora si attribuisse alla nutrizione artificiale il valore di sostentamento vitale, la sospensione rientrerebbe in una forma di eutanasia, in quanto il paziente non morirebbe a causa della sospensione della cura rifiutata dallo stesso paziente, ma per l’omissione di una forma di sostegno.

A livello internazionale, dal punto di vista medico e bioetico, l’orientamento prevalente è quello di considerare la sospensione della nutrizione ed idratazione artificiale come sospensione di una terapia, dunque come un trattamento medico liberamente rifiutabile, mentre in Italia il Comitato nazionale di bioetica si è espresso nel 2005 in senso contrario.  I contrastanti orientamenti hanno fatto sì che anche in Parlamento si aprisse un dibattito sulla vicenda in esame. A tal proposito preme indicare la proposta di legge sulle “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica di consenso informato e di dichiarazione anticipata di trattamento (DAT)”, i cui lavori sono fermi dal 2011 in Senato per la seconda lettura. Riportiamo quanto descritto nel corso dei lavori alle Camere: “ll progetto di legge sancisce preliminarmente i principi della tutela della vita umana e della dignità della persona, del divieto dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico, e del consenso informato quale presupposto di ogni trattamento sanitario. Provvede quindi alla disciplina, con una norma di carattere generale, del consenso informato, sempre revocabile e preceduto da una corretta informazione medica, e delinea le caratteristiche e i principi essenziali della dichiarazione anticipata di trattamento. Tale dichiarazione consiste nella manifestazione di volontà con cui il dichiarante si esprime, con determinate formalità, in merito ai trattamenti sanitari in previsione di un'eventuale futura perdita della propria capacità di intendere e di volere. Essa, tuttavia, non può riguardare l’alimentazione e l'idratazione, che devono essere mantenute fino al termine della vita, salvo che non abbiano più alcuna efficacia nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo.” La proposta di legge mira, dunque, a vietare quella che viene definita eutanasia, avallando l’ipotesi di chi attribuisce alla nutrizione artificiale il valore di sostentamento vitale.

Avv. Tiziana Alfano

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